Il 29 ottobre tutto il Mondo si unisce per celebrare la Giornata Mondiale dell’Ictus Cerebrale, un’occasione fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e della cura di questa malattia devastante. L’ictus cerebrale rappresenta infatti una delle principali cause di disabilità e morte in tutto il mondo, ma nonostante questo molte persone non ne sono ancora pienamente consapevoli.

In questo contesto cruciale, il nostro ruolo ci impone di partecipare attivamente alla lotta a questo male, attraverso una serie di servizi e attività per sostenere il paziente, tanto nelle nostre strutture quanto al domicilio dello stesso.

Ma quanto conta l’esperienza e la competenza del professionista? E quanto può incidere un buon ventaglio di servizi offerti direttamente al domicilio del paziente? Abbiamo avuto il privilegio di parlarne direttamente con il Dottor Leonardo Colavita, Direttore Sanitario della RSA San Giorgio di Milano.

Un’occasione di confronto nel quale il Dottor Colavita ha condiviso apertamente con noi la sua vasta esperienza nel trattamento e nella prevenzione dell’ictus cerebrale, con l’obiettivo di approfondire e sensibilizzare, oggi più che mai, un tema di rilevante importanza.

Per quale ragione al giorno d’oggi, pur vivendo in una società sempre più attenta e moderna, è ancora fondamentale sensibilizzare il tema dell’ictus?
“La ragione è quasi paradossale. Viviamo in una società multi-tecnologica e veloce, forse anche troppo, tanto da trascurare aspetti base della salute come la prevenzione e un corretto di stile di vita, illudendoci che due ore in palestra a settimana possano “ripulire” tutto il resto. Occorre inoltre ricordare che, quando si parla di ictus, non esiste solo l’età come fattore di rischio, ma anzi la principale causa di coagulazione del sangue è spesso lo stress. Per questo motivo è innegabile che le nostre abitudini incidano fortemente, in un periodo storico in cui paradossalmente le condizioni di vita invece che migliorare, peggiorano”.

Come è giunto a scegliere di intraprendere questo percorso professionale, legando quindi la sua carriera alla salute della Persona?
“Il mio percorso post-Laurea si lega inizialmente alla mia specializzazione in Chirurgia Maxillo Facciale, fino a quando ho sentito la necessità di trovare una realtà che mi desse la possibilità di occuparmi di Medicina a 360°. Da qui l’incontro nel 2015 con Korian, grazie al quale entrai in servizio come medico presso la Casa di Cura San Giorgio a Milano. Dopo cinque anni, complice la partenza del Direttore Sanitario della Struttura, ereditai il suo ruolo. E ora eccomi qui”.

Quali sono al giorno d’oggi le principali sfide che una persona colpita da Ictus deve necessariamente affrontare quando torna a casa dopo il ricovero?
“Inizio premettendo che l’Ictus può riguardare differenti aree del nostro corpo e può manifestarsi attraverso diversi gradi: questo naturalmente incide sulle autonomie residue, vale a dire il problema principale al giorno d’oggi. Sicuramente il problema più rilevante per questi pazienti è la consapevolezza di rappresentare un peso per le persone intorno, soprattutto per la necessità di essere accuditi e la mancanza di libertà, dovendo dipendere dagli altri. La sfida è quindi incentrata sulla qualità della vita, l’autonomia e la stabilità psicologica. E non è un caso che queste siano le ragioni alla base dei frequenti rapporti tesi tra il malato e il caregiver, sul quale spesso viene riversata la propria frustrazione”.

Sulla base della sua esperienza, come possono i Caregiver supportare in maniera efficace e concreta la persona durante il recupero a domicilio?
“A mio avviso è come confrontarsi costantemente con un ragazzo nella sua fase di adolescenza più acuta: come i più giovani, maggiori sono le attenzioni e le pressioni a loro riservate, e più alto è il rischio di creare distanza. Per questo motivo il caregiver non deve mai arrabbiarsi, soprattutto quando il paziente psichiatrico insulta, offende o dice bugie, ma deve ricordarsi che quella che ci si trova davanti non è una persona in quel momento stabile. Anche se lo sembra. Bisogna inoltre considerare una serie di cambiamenti negli spazi e nello stile di vita. Un’attività non da poco, visto che molto spesso occorrono mesi per rimodulare gli ambienti di alcune case, tenendo anche conto delle disponibilità economiche delle famiglie. In definitiva sono necessarie consapevolezza, volontà e capacità di rimodulare le proprie abitudini”.

 

Reputa che servizi a domicilio come quelli offerti da Mosaico possano rappresentare un punto di forza capace di spostare gli equilibri nel percorso di cura di una persona colpita da Ictus?
“Una struttura come Korian può mettere al servizio dei degenti tutta la capacità tecnica che i caregiver non sono in grado di fornire, sgravandolo allo stesso tempo di una frustrazione spesso non indifferente. Questo perché il professionista che giunge al proprio domicilio è capace di mettersi in gioco e sa bene cosa deve fare, anche di fronte alle condizioni più estreme. Servizi come la RSA Aperta e le Cure Domiciliari saranno in questo senso sempre più performanti della cura al domicilio da parte della famiglia, perché a valere sono la competenza e l’esperienza pregressa”.

Qual è il parametro più importante per una famiglia per comprendere se il lavoro del professionista stia portando a miglioramenti considerevoli?
“La parola del malato è da sempre l’aspetto più significativo da monitorare. Una cartina tornasole che noi di Korian dobbiamo necessariamente considerare. Infatti, difficilmente una persona che è ben seguita si lamenterà delle cure, indipendentemente dalla simpatia per il professionista”.