Di SLA si parla molto, ma forse ancora non abbastanza. Un tema delicato, soprattutto per quello che riguarda l’Assistenza Domiciliare al paziente. Una malattia che colpisce generalmente 6000 persone di età compresa tra i 40 e i 70 anni, la cui diagnosi risulta ancora molto complessa, priva di certe terapie farmacologiche efficaci in grado di poter fermare in maniera decisiva la progressione della malattia.

La campagna di informazione sulla SLA è diventata sempre di più una battaglia portata avanti nel mondo sanitario, in particolar modo da parte di quelle Strutture che fanno dell’Assistenza domiciliare un proprio cardine, ma anche da parte dell’opinione pubblica come all’ultimissimo Festival di Sanremo, con la performance del Rapper Paolo Palumbo. L’artista sardo, affetto da SLA, ha infatti sorpreso e incantato dal palco dell’Ariston con la sua canzone “Io sono Paolo”. Attraverso il comunicatore verbale e un pizzico di ironia, Paolo Palumbo ha proposto una canzone di cui ha scritto sia il testo che la melodia, raccontando quanto sia devastante la patologia.

SLA che cos’è? 

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva dell’età adulta che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Seppur nella quasi totalità dei pazienti con SLA le capacità cognitive e sensoriali rimangano intatte, le aspettative di vita dopo la diagnosi si attestano tra i 3 e i 5 anni, riconoscendo però anche situazioni con aspettative di vita più lunghe. Il decorso infatti presenta diverse manifestazioni in ogni paziente che ne è affetto. La sopravvivenza negli ultimi anni è notevolmente aumentata, grazie ai miglioramenti nella presa in carico del paziente e alla diffusione di supporti tecnologici.

L’importanza delle cure domiciliari 

Negli ultimi anni, in tema di cura della SLA, si è sempre più imposta con convinzione la forma assistenziale domiciliare verso tutti quei pazienti con patologie invalidanti gravi, attraverso l’attuazione di Piani Assistenziali Individualizzati ad Alta Intensità per conto delle ASL. Una pratica ormai diffusa in maniera capillare sul territorio verso i pazienti affetti da malattie permanentemente invalidanti, ma dimessi dalla Struttura Ospedaliera. Il Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) permette così di favorire la permanenza della persona non autosufficiente nel proprio nucleo familiare. Un modo per ridare autonomia e qualità complessiva di vita al malato di SLA, attraverso la salvaguardia della vita affettiva.

Assistenza domiciliare integrata ad alta intensità 

L’offerta dell’Assistenza Domiciliare integrata riferita ai malati di SLA è quella ad alta intensità, che viene garantita attraverso interventi specifici rivolti a soggetti i quali generalmente presentano patologie con un livello di complessità particolarmente elevato, per cui è richiesta nutrizione artificiale enterale e parenterale, o anche con supporto ventilatorio invasivo. All’interno di questa tipologia di Assistenza garantita al domicilio sono di fatto anche coinvolti pazienti in stato vegetativo o in fase avanzata e complicata di malattie degenerative e progressive, come per l’appunto la SLA.

Quella dell’Assistenza Domiciliare rappresenta dunque un’attività fondamentale per chi è affetto da SLA. Ne abbiamo parlato con il dott. Aladar Ianes, direttore medico del gruppo Korian in Italia.

Il vostro servizio di Assistenza Domiciliare si occupa di pazienti affetti da SLA con quali caratteristiche?

“I nostri pazienti sono tutti soggetti allettati, che non hanno dunque la possibilità di potersi muovere autonomamente a causa della natura della malattia. Una problematica che non li rende autosufficienti, oltre a presentare significative disfunzioni a livello respiratorio e nella deglutizione”.

Quando è possibile ricorrere ai servizi di Assistenza Domiciliare?

“L’assistenza domiciliare coinvolge i pazienti nella loro fase acuta, quando iniziano a manifestare gravi insufficienze respiratorie. Il paziente viene direttamente gestito presso il suo domicilio attraverso affidamento e il rispetto di un protocollo assistenziale con linee guida dettate dall’Asl. Una volta affidato il paziente, secondo un Piano Assistenziale Individualizzato (PAI) stabilito dal medico, noi eroghiamo il servizio dedicato al domicilio”.

Qual è il fine benefico dell’ADI?

“Non potendo purtroppo guarire il paziente dalla sua patologia, il nostro obiettivo è quello di aiutarlo in tutte le necessità al domicilio, migliorandone la qualità di vita e fornendogli tutti gli strumenti necessari: dalle attrezzature fino al servizio assistenziale che eroghiamo con professionalità. Il nostro compito si traduce nella riproduzione a 360 gradi di una vera e propria terapia intensiva presso il domicilio del malato. Tornare in casa rappresenta infatti un forte aiuto soggettivo incentivante”.

Quali sono per Lei i prossimi obiettivi che si deve porre l’Assistenza Domiciliare?

“Credo sia significativo continuare a lavorare per una regolamentazione comune, che attualmente risulta a mio avviso carente, soprattutto per la gestione dei pazienti ADI. I nostri pazienti hanno quotidianamente bisogno di cure e professionalità interamente dedicate. L’obiettivo deve dunque essere quello di non accontentarsi, puntando ad una regolamentazione chiara e omogenea su tutto il Territorio Nazionale, Regione per Regione. Servono regole chiare per non creare differenze perché un paziente è sempre un paziente”.

 

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